Il Marketing delle Emozioni storia dei Souvenir, dalle origini ad oggi

Il Marketing delle Emozioni: storia dei Souvenir, dalle origini ad oggi

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Viaggiare è un’esperienza unica, ricca di emozioni indelebili. Sarà capitato anche a te di vivere un viaggio come un capitolo importante della tua vita: esperienze, incontri e momenti indimenticabili.

Bene, oggi parliamo di come i viaggiatori del passato hanno fatto nascere l’industria dei souvenir, sulla spinta della necessità di ricordare o far vivere alle persone distanti le emozioni provate nel viaggio.

Come abbiamo già visto in altri articoli, ad esempio quando abbiamo parlato di marketing esperienziale o del marketing delle patate, il marketing emozionale è una delle migliori strategie. Persuadere il consumatore a livello emozionale consente di connetterlo maggiormente a un brand o prodotto, in questo caso un luogo.

Come nascono i Souvenir?

Come per molti altri fenomeni e oggetti del passato è difficile stabilire una data certa per la loro nascita. Non è da escludere che già gli antichi portassero dai loro viaggi degli oggetti come ricordi. Tuttavia, la nascita del souvenir, ossia un oggetto realizzato appositamente per essere commercializzato ai turisti, nasce nell’epoca del Grand Tour, ossia a partire dal XVIII secolo.

Il Grand Tour era una viaggio che l’aristocrazia europea si concedeva alla scoperta delle principali città e zone di interesse artistico-culturale dell’Europa continentale.
Le mete predilette erano città come Parigi, Lione, Siviglia, Lisbona, Atene, Istanbul, Torino, Milano, Verona, Napoli, Catania, Palermo e Roma. Proprio in quest’ ultima ha i natali la storia del souvenir!

Angolo della curiosità: Sai quali sono alcuni dei celebri viaggiatori del Grand Tour?

Montaigne, Stendhal, John Ruskin, Mary Shelley, Keats, George Gordon Byron, Johann Wolfgang von Goethe, Gustavo III di Svezia

Arrivati in Italia, i viaggiatori del Grand Tour trovavano a loro disposizione ciceroni e intermediari pronti ad agevolare la loro visita e a soddisfare il desiderio di portare a casa un ricco assortimento di souvenir.

Tra le mete predilette vi era Roma, tanto che nel Settecento la zona attorno al Tridente e a piazza di Spagna era conosciuta come il Quartiere degli inglesi.

In questo luogo affollato si trovavano le botteghe di artisti e artigiani che iniziarono ad adattare la loro produzione alle nuove esigenze: la riproduzione delle famose opere d’arte romane.

Chi ha inventato l’industria dei souvenir?

Se è impossibile stabilire l’inventore del souvenir in sé per sé, chi ha inventato l’industria del souvenir è a noi noto: si tratta di Giovanni Volpato.

Volpato era un incisore e ceramista del XVIII secolo che nel 1769 aprì la sua bottega a Roma e iniziò a produrre i ricordi (souvenir) per i turisti. Oltre a realizzare una serie di copie di raffigurazioni artistiche per personaggi illustri, inventò il souvenir esattamente come lo conosciamo oggi. Cominciò, così, a realizzare delle statuine denominate biscuit (cosiddette in relazione alla particolare tipologia di porcellana di cui erano fatte) rivolte a tutti i “Grand Turisti” e non solo coloro che potevano acquistare le repliche dell’ originale.

Le statuine in questione erano estremamente maneggevoli e spaziavano dal Fauno Barberini, all’Apollo del Belvedere, dall’ Ercole Farnese, il Galata morente, l’Ares Ludovisi, alla Flora Farnese.

Il Volpato non era, dunque, un semplice artigiano ma un vero e proprio imprenditore con il fiuto per le necessità latenti dei consumatori dell’ epoca: fissare un ricordo ma anche mostrare la bellezza di un posto lontano e per molti non visitabile. 

Giovanni Volpato

Il Volpato non era, dunque, un semplice artigiano ma un vero e proprio imprenditore con il fiuto per le necessità latenti dei consumatori dell’ epoca: fissare un ricordo ma anche mostrare la bellezza di un posto lontano e per molti non visitabile. 

Tra i prestigiosi acquirenti spiccava re Gustavo III di Svezia, che nel settembre del 1783 acquistò presso la bottega di Volpato ben 12 statue antiche, tra cui un Apollo circondato dalle nove Muse. Riproducendo a Stoccolma la magnifica Sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, il re si presentava come mecenate e protettore delle arti. 

Anche l’imperatrice Caterina II di Russia, pur non recandosi mai a Roma, come il cugino Gustavo, contribuì al progresso dell’industria romana dei souvenir.

Per la sua reggia di San Pietroburgo acquistò una straordinaria serie di 26 tavole raffiguranti le Logge vaticane di Raffaello, incise e colorate ad acquerello da un team guidato da Volpato.

Il Souvenir Giapponese, un’ antica storia orientale 

Una pratica molto simile a quella dei nostri souvenir è presente anche nel lontano oriente, anzi in realtà la sua storia è molto più antica e con un significato probabilmente più profondo.

Infatti, il giapponese Omiyage, la cui traduzione deriva da una parola composta “omi” (portare) e “yage” (souvenir), è un concetto ben radicato nella tradizione che non lo vede come un semplice regalo o ricordo di viaggio, ma come una forma d’arte sociale.

Tale usanza trova i suoi fondamenti secoli addietro quando venivano effettuati dei lunghi viaggi per pregare nei santuari shintoisti e si portavano alla famiglia oggetti religiosi per scusarsi della propria assenza e condividere l’esperienza vissuta.

Con il tempo, il tipico omiyage si è evoluto sempre più spesso in un articolo culinario, come biscotti, dolci, cracker di riso, mochi e mini-torte. 

Omiyage Souvenirs in Japan

Differenza tra Souvenir e Omiyage

La principale differenza tra l’omiyage giapponese e i souvenir occidentali risiede nel significato culturale e nell’uso delle due pratiche.

L’omiyage giapponese è spesso visto come un atto di cortesia e rispetto verso gli altri, un modo per condividere un’esperienza personale come un ricordo di un viaggio, ma anche come segno di gratitudine o come gesto di scuse in determinate circostanze.

I souvenir occidentali, d’altra parte, sono spesso considerati più come oggetti-ricordo personali o regali decorativi tanto per se stessi quanto da donare ad amici e familiari. 

L’omiyage giapponese, quindi, è maggiormente focalizzato sulle relazioni sociali e sulla condivisione dell’esperienza, mentre i souvenir occidentali tendono a essere più orientati verso il ricordo personale e il piacere estetico dell’oggetto.

In ogni caso entrambe le pratiche hanno avuto un peso notevole a livello commerciale, legandosi indissolubilmente al marketing emozionale (se pur con accezioni diverse)!

Bello scoprire la storia nascosta nelle cose che consideriamo moderne e trovare connessioni tra culture così lontane, non trovi?

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo e, se vuoi che indaghiamo la storia (e il marketing) nascosto dietro specifici prodotti o tradizioni, scrivicelo nei commenti! 😉 

Autore

  • Federico Gaspari consulente SEO Roma

    Connetto piccoli business con il proprio pubblico di riferimento e li aiuto ad incrementare le loro vendite attraverso gli strumenti del marketing digitale. Mi piace generare curiosità e stimolare riflessioni e idee tramite la scrittura di articoli su questo blog. Proiettato al futuro ma sempre consapevole del presente e con uno sguardo rivolto al passato, sono convinto che ogni epoca possa insegnarci tanto e ispirarci quelle idee innovative che sono alla base di ogni successo. Per questo nel tempo libero, quando mi allontano dal mondo digitale, amo coltivare la mia passione per la storia e per l’agricoltura sostenibile. Quale modo migliore per unire passato, presente e futuro?

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